La regione al centro della Via Lattea dove si pensa sia collocato uno buco nero supermassiccio. Immagine ripresa dal telescopio spaziale Chandra.

Molti astronomi ritengono che al centro della Via Lattea esista un enorme buco nero supermassiccio a causa della scoperta, avvenuta nel 1974, di una notevole quantità di radiazioni provenienti da quel punto (la radiosorgente è stata poi denominata Sagittarius A *). Che al centro di quasi tutte le galassie vi sia un buco nero supermassiccio, è una teoria accettata da molti astronomi e la nostra galassia non sarebbe, quindi, da meno.

Secondo recenti calcoli, a livello di superficie, il buco nero al centro della nostra galassia sarebbe in realtà relativamente piccolo, se confrontato con la sua enorme capacità attrattiva, e coprirebbe la stessa superficie che va dal Sole fino all’orbita di Mercurio (pur avendo una massa circa 4 milioni di volte più grande di quella della nostra stella).
Negli ultimi trent’anni sono state fatte numerose osservazioni degli oggetti vicini a questo punto e degli effetti che l’oggetto sembra avere sugli altri oggetti circostanti (ad esempio si prevede che a breve una grande nube di gas, con una massa grande circa tre volte quella della Terra, sia in procinto di essere risucchiata dal buco nero in quanto si sta avvicinando sempre più al suo orizzonte degli eventi).

Una recente ricerca, condotta da Zilong Li e Cosimo Bambi, due scienziati dell’università di Shanghai, ha cercato di chiarire gli effetti di questo oggetto densissimo al centro della nostra galassia ed, eventualmente, anche la sua composizione. I ricercatori sono arrivati a una conclusione che sembrerebbe, a prima vista, fantascientifica: il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea rappresenterebbe una sorta di wormhole (in italiano talvolta tradotto con “buco di tarlo”), ossia un varco nello spazio e nel tempo all’interno del quale le leggi fisiche non valgono più per come le conosciamo oppure verrebbero in parte distorte causando un passaggio tra diversi punti nello spazio o nel tempo, tra diverse dimensioni o, addirittura, potrebbero costituire un passaggio in un nuovo universo.

Secondo i calcoli, il buco nero si sarebbe formato circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Questo oggetto, con la sua intensa forza di gravità, avrebbe attratto le quantità di polveri e gas che avrebbero poi formato la nostra galassia. Tuttavia, secondo Li e Bambi, 100 milioni di anni sarebbe un periodo troppo breve per giustificare la formazione di un buco nero così massiccio. Secondo gli scienziati l’unica spiegazione alternativa è quella che porterebbe alla teoria del cunicolo spazio-temporale, una struttura teorica che pone sul tavolo speciali soluzioni alle equazioni della relatività generale.
Sempre secondo la teoria della relatività generale, l’Universo potrebbe essere popolato da moltissimi cunicoli del genere (la maggior parte dei quali sarebbero infinitamente più piccoli dei buchi neri) che sarebbero sorti pochi istanti dopo la singolarità del Big Bang, grazie a fluttuazioni quantistiche. Tali oggetti oggi apparirebbero come entità spaziali supermassicce nascoste dietro un orizzonte degli eventi, proprio come i buchi neri.

Secondo gli scienziati, questi cunicoli spaziotemporali piegherebbero la luce degli oggetti che orbitano intorno a loro in una maniera particolare, leggermente differente da come fanno i buchi neri. I cunicoli provocherebbero pieghe nella luce come farebbe una nuvola di plasma e tale metodologia di attrazione rivelerebbe la loro unicità e la loro presenza.

In ogni caso attualmente siamo ben lungi dal poter anche solo  prendere in considerazione un’eventuale dimostrazione di tali teorie in quanto tutto ciò che si trova all’interno dell’area delimitata dall’orizzonte degli eventi è assolutamente invisibile ed inaccessibile.
Tuttavia, il nuovo interferometro a raggi infrarossi chiamato GRAVITY che sarà installato nel Very Large Telescope in Cile potrà forse aiutarci a comprendere in maniera più chiara la firma di un wormhole.

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