La Terra avrebbe dovuto dire addio a circa un terzo del suo terreno arabile a causa dell’inquinamento negli ultimi quarant’anni secondo un articolo apparso sul Guardian. L’articolo si rifà a sua volta ad una nuova ricerca del Grantham Centre for Sustainable Futures della Università di Grantham.
Secondo lo studio, sarebbe andato perso il 33% della produzione di alimenti coltivati con un tasso che supera di molto il naturale ritmo dei processi naturali che vanno poi periodicamente a sostituire il terreno non più arabile.

Sempre secondo gli scienziati, senza un effettivo e grande cambiamento nelle pratiche agricole odierne, la tendenza diventerà presto irrecuperabile.
Tra gli effetti più negativi vi sono quelli relativi all’utilizzo di fertilizzanti, un materiale che ha pressoché degradato i terreni di tutto il mondo e ha provocato un ritmo di erosione fino a 100 volte superiore al tasso di formazione naturale dello stesso suolo.
“Stiamo aumentando il tasso di perdita e stiamo riducendo i terreni ai loro componenti minerali nudi“, dichiara Duncan Cameron, professore di biologia delle piante e del suolo presso l’Università di Sheffield, uno degli autori dello studio.

La causa principale è dovuto al fatto che il terreno, proprio per essere coltivato, viene ripetutamente “capovolto” ed esposto più del necessario all’ossigeno. In questo modo il suo carbonio viene rilasciato nell’atmosfera e ciò provoca un facile cedimento della struttura stessa del terreno, sia sovrastante che sottostante. Ciò impatta naturalmente anche sulla capacità dello stesso terreno di immagazzinare l’acqua, un elemento essenziale per le stesse piante.
Gli scienziati hanno presentato questa nuova ricerca nel contesto dei colloqui sulla situazione ambientale mondiale che si stanno tenendo a Parigi.

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