Riprese con droni più stabili grazie a studi sui colli dei cigni
Categoria: Scienze e tecnologia, Uccelli
Alcuni ingegneri dell’Università di Stanford, dopo aver studiato diversi filmati riguardanti cigni selvatici in volo, hanno pubblicato un nuovo studio in cui rivelano di aver ideato uno nuovo design per un sistema di sospensione delle fotocamere a bordo dei droni che potrebbero registrare video molto più stabili del normale. La stabilizzazione avverrebbe proprio grazie alla particolare struttura della fotocamera a bordo dei droni che richiamerebbe quella del collo e della testa dei cigni selvatici in volo.
Gli scienziati hanno infatti notato come i cigni in volo, nonostante torcano il loro corpo e sbattano le possenti ali, riescono sempre a mantenere la testa quasi completamente immobile.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Royal Society Interface.
Tutti gli uccelli sono dotati di una sorta di stabilizzazione della testa per ottenere una visione migliore nonostante il corpo si debba per forza di cose muovere per sbattere le ali in volo. Tuttavia, i cigni selvatici dispongono di una stabilizzazione del collo e della testa fuori dal comune. Ecco perché gli scienziati li hanno scelti per studiarne la morfologia e il moto oltre che il meccanismo di volo.
Il professore di ingegneria meccanica all’Università di Stanford David Lentink ha realizzato un modello al computer di un cigno che volava sopra un lago studiandone gli effetti di smorzamento elastico del collo al fine di stabilizzare i disturbi verticali dello stesso che avrebbero potuto influenzare la testa e quindi la vista.
Gli scienziati hanno scoperto che il collo dei cigni funge da sistema di sospensione proprio come quelli relativi alle automobili i quali offrono una guida fluida anche su strade relativamente accidentate.
“Questo semplice meccanismo è un notevole risultato considerando la complessità scoraggiante del collo nella morfologia aviaria con circa 20 vertebre e più di 200 muscoli su entrambi i lati”, ha dichiarato nello studio Lentink. Lo studio è stato realizzato in parte sul lavoro di un ex studente laureatosi la scorsa primavera, Ashley Pete.
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