Il 18 aprile 2014 si è svolta una riunione in streaming tramite Google Hangout che ha visto come partecipanti due degli scienziati che hanno contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali risultanti dal Big Bang e gli scienziati John Carlstrom e Michael Turner, due teorici di rilievo nel campo dell’inflazione cosmica e della cosmologia in generale.

Secondo Walter Ogburn, ricercatore presso il Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology dell’università di Stanford, l’ambiente dei fisici teorici sarebbe in fermento. La scoperta è stata così eccitante che potrebbero aprirsi prossimamente nuovi campi di studio in relazione alla genesi del Big Bang. In un futuro non troppo remoto, sarebbe addirittura possibile capire cosa sia successo nel momento stesso della singolarità e se nei primi istanti dell’Universo siano state create nuove particelle a noi ancora sconosciute e nuovi campi di energia che hanno contribuito all’espansione iniziale. Potremmo essere vicini ad individuare quale dei modelli teorici riguardanti l’inflazione cosmica sia quello corretto.

Secondo Michael S. Turner, direttore del Kavli Institute, i risultati della scoperta delle onde gravitazionali del Big Bang sono stati una piacevole sorpresa le cui implicazioni non cessano di presentarsi di settimana in settimana. I risultati della scoperta implicano di per sé l’esclusione di diversi modelli teorici che, prima della scoperta, si riteneva avessero basi solide. Molti di questi modelli scartati prevedevano un segnale molto più debole di quello che si è poi scoperto. Tra i modelli più noti che per il momento sembra si debbano scartare vi è quello relativo all’espansione a fasi alterne dell’Universo primordiale, ossia al modello teorico che prevede che ci sia stata un’espansione iniziale, seguita da una fase espansiva calante e quindi da un’ulteriore accelerazione, in un ciclo continuo che, secondo alcuni sottomodelli, continuerebbe ancora oggi. Turner ha definito la scoperta delle onde gravitazionali una “crepa nell’uovo cosmico“, in relazione al fatto che sarebbe possibile dare un’occhiata all’interno dell’atomo primordiale che ha creato il tutto.

Secondo John Carlstrom, vice direttore del Kavli Institute, arrivati a questo punto bisognerebbe che i fisici teorici facessero qualche passo più in là, arrivando in aree della fisica che finora sono state toccate poco in relazione alla nascita dell’Universo. Si potrebbe per esempio considerare l’idea che ci siano più neutrini e che questi abbiano una massa molto superiore di quella che attualmente si pensa che abbiano. O, molto più probabilmente, bisognerebbe pensare a qualcosa a cui nessuno abbia mai pensato prima.

Gli anni a venire di sicuro sapranno dare più risposte. Intanto, dopo lo stordimento iniziale a seguito dell’annuncio della scoperta, proprio quest’ultima ha bisogno di ulteriori conferme empiriche. A tal proposito si attendono risultati di altri telescopi tra cui quelli del satellite Planck e del South Pole Telescope, che dovrebbe arrivare entro il 2015.

Approfondimenti