Il paradosso di Fermi e le sue possibili soluzioni
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Il cosiddetto paradosso di Fermi fu proposto dallo scienziato italiano Enrico Fermi e riguarda la possibilità che nell’Universo ci possano essere forme di vita intelligente oltre alla nostra.
Oramai entrato nell’immaginario collettivo come ragionamento ultimo sull’impossibilità dell’esistenza di altre forme di vita extraterrestri evolute, il paradosso di Fermi si contrappone in un certo modo all’ottimistica visione dell’equazione di Frank Drake, secondo cui le possibilità che ci siano altre forme di vita intelligente sono altissime causa l’elevato numero di stelle e di sistemi planetari che ad esse fanno riferimento.
A questo ragionamento, Fermi ne contrappone un altro che sembra egualmente non oppugnabile e che può essere riassunto nella seguente proposizione: se esistono altre civiltà extraterrestri, dove sono? Perché non abbiamo mai osservato alcuna traccia di vita intelligente extraterrestre, come ad esempio sonde, veicoli spaziali o anche semplici segnali radio?
Il paradosso suggerirebbe, a prima vista, che la nostra comprensione del cosmo e le nostre osservazioni siano in qualche modo errate o incomplete. Tra le varie teorie scientifiche atte a dimostrare che la nascita della vita non sia una cosa improbabile, vi è la cosiddetta teoria della panspermia, secondo cui i semi della vita, idealmente microrganismi batterici, verrebbero trasportati di pianeta in pianeta, e di sistema planetario in sistema planetario, da asteroidi, comete o corpi vaganti nello spazio a seguito di collisioni del tutto fortuite. Tuttavia, sono altrettanto forti le teorie secondo le quali le attuali conoscenze della chimica e della biologia suggerirebbero che la vita, così come la conosciamo, è fatto raro e improbabile. Ma non è a sostegno di quest’ultima tesi il fatto che la vita sulla Terra si sia sviluppata in ambienti del tutto inospitali e molto diversi tra loro; cosa che suggerirebbe una facile adattabilità della vita stessa in ogni ambiente che abbia determinate minime caratteristiche.
La tesi secondo la quale la vita che oggi vediamo sulla Terra sia nata comunque all’interno del nostro sistema solare si basa sul fatto che le radiazioni all’esterno di esso sarebbero comunque letali anche per microorganismi batterici adattabili ad ambienti estremamente poco abitabili come può essere una roccia vagante nello spazio. Inoltre la probabilità che una roccia proveniente dall’esterno del nostro sistema solare colpisca un pianeta interno come la Terra è molto bassa. Altri sostenitori del principio di Fermi obiettano alla teoria della panspermia il fatto che non si spiegherebbe il motivo per cui la vita sia arrivata sulla Terra sotto forma di organismi molto semplici, probabilmente unicellulari, e non sotto forma di organismi più complessi.
Indice
Possibili soluzioni al paradosso di Fermi
Altre soluzioni opposte al paradosso di Fermi sostengono che la vita si sia sì originata sulla Terra, ma la sua origine stessa non costituirebbe un fatto tanto raro da escluderlo a livello cosmico. In ogni caso queste affermazioni contrapposte si basano sul principio che microrganismi semplici si debbano, per forza di cose, adattare all’ambiente ed evolversi in esseri intelligenti. In realtà la questione riguardante l’evoluzione degli esseri viventi e se questa sia cosa fortemente correlata alla nascita della vita stessa, sono questioni ancora molto aperte.
Ulteriore soluzione alla questione, che parrebbe una sorta di via di mezzo, è il principio secondo cui le forme di vita, una volta evolutesi e diventate intelligenti e dopo aver costruito società sempre più complesse, sono per forza di cosa (per cause naturali o per cause da addebitarsi all’autoannientamento) destinate ad estinguersi. La questione si rifà ad uno dei parametri dell’equazione di Drake, secondo cui la durata media di una civiltà tecnologicamente evoluta (dove per “tecnologicamente evoluta” Drake intende una società capace di comunicare con onde radio) sarebbe di circa 10.000 anni. La distruzione di un pianeta come la Terra potrebbe tuttavia avvenire anche per cause naturali non legate alle azioni degli esseri intelligenti che lo abitano.
Una delle soluzioni del paradosso più nette, che chiuderebbe di fatto il contraddittorio, è quella secondo la quale più civiltà intelligenti esistono o sono esistite ma sono tra loro troppo distanti nello spazio e nel tempo, data la grande età dell’Universo e la sua vastità (attualmente stimata, oltre l’Universo osservabile, in circa 92 miliardi di anni luce). La possibilità di comunicazione tra più civiltà evolute risulterebbe quindi molto difficile o del tutto impossibile. Ad esempio la Terra potrebbe essere stata uno dei primi pianeti abitabili ed abitati ad essersi formato nell’intera Via Lattea.
Altre soluzioni sulla stessa falsariga di quest’ultima ci vedono non in grado di comunicare con tali civiltà evolute in quanto non abbiamo ancora raggiunto, e forse non lo raggiungeremo mai, un livello tecnologico tale da portare un eventuale comunicazione a distanze così vaste.
Oppure eventuali altre civiltà intelligenti prossime a noi e capaci di comunicare con noi, non avrebbero comunque intenzione di contattarci e rivelare la propria esistenza per motivi da addebitare a timori o ad un vero e proprio snobismo nei nostri confronti. Per esempio, ad eventuali esseri extraterrestri super intelligenti, nel nostro sistema di valutazione dell’intelligenza e dell’evoluzione, potremmo apparire come i topolini appaiono agli scienziati o, peggio ancora, potremmo apparire come esseri unicellulari con cui non sarebbero neanche in grado, data la vasta differenza evolutiva, di stabilire un qualche tipo di connessione comunicativa.
Un altro approccio teorico che può essere considerato una soluzione del paradosso di Fermi è quello riguardante l’esistenza di una variante anomala nel percorso evolutivo di ogni civiltà intelligente, denominata Grande Filtro, che segnerebbe il destino ultimo di ogni forma di vita intelligente, ossia la sua estinzione.
La ricerca di extraterrestri e di alieni intelligenti
I dati attuali, raccolti per decenni da progetti come Search for Extraterrestrial Intelligence (SETI), sembrano indicare che siamo l’unica specie ricetrasmittente, almeno in quella parte della nostra galassia in cui ci troviamo e che è stata esaminata, nonostante gli stessi scienziati del SETI sostengano che la scoperta di vita extraterrestre sarebbe molto vicina. Inoltre ulteriori osservazioni, espansesi in dettaglio solo negli ultimi anni, suggeriscono che nella maggior parte dei sistemi planetari extrasolari osservati la nascita della vita e della sua evoluzione potrebbero non essere mai avvenute a causa degli ambienti duri che si crede i pianeti ospitino. Sono due le principali obiezioni al sistema delle ricerche di onde radio per valutare la presenza di civiltà extraterrestri: innanzitutto il limitato campo di osservazione, relativamente piccolo se confrontato alla vastità della nostra galassia, e poi errori tecnici di puntamento nella ricerca delle frequenze (obiezione rilevata soprattutto al progetto SETI) che pregiudicherebbero in maniera fatale una ricerca quantomeno esaustiva nel nostro piccolo quartiere galattico.
Ulteriori ricerche diffuse negli ultimi anni hanno comunque cominciato ad utilizzare metodi diversi nella caccia di pianeti abitabili al di fuori del sistema solare e quindi nella caccia alla vita (solo il telescopio spaziale Keplero ha scoperto 715 esopianeti in pochi mesi di attività). Sistemi come l’osservazione all’infrarosso o altri che determinerebbero l’esistenza di esopianeti attraverso gli effetti che questi procurano alla propria stella, sembrano in ogni caso in una fase iniziale ed ancora spogli di quei dettagli necessari per effettuare rilevazioni quanto meno sicure atte ad indicare la natura chimica e geologica dei pianeti osservati e quindi l’eventuale possibilità di esistenza della vita così come la conosciamo.
L’ipotesi della Terra rara
Una linea emergente di pensiero sostiene che la vita pluricellulare possa essere estremamente rara nell’universo a causa della rarità di pianeti simili alla Terra. Questa linea di ragionamento si basa sul fatto che eeffettivamente molte coincidenze improbabili sembrano dover risultare convergenti in un unico punto per la nascita e l’evolversi di una vita complessa.
A cominciare dalla nostra orbita intorno alla nostra stella, per poi finire con la presenza del nostro satellite naturale, con la sua orbita e con la sua posizione specifica, sono molti, forse troppi, i fattori che, secondo i sostenitori di tale teoria, avrebbero reso possibile la vita sulla Terra.
Il principio antropico
Il principio antropico, parallelamente all’equazione di Drake, presuppone l’impossibilità che non ci siano altre forme di vita oltre alla nostra.
La domanda che pone il cosiddetto principio antropico, applicato al campo della ricerca di vita extraterrestre, è la seguente: è possibile che, con miliardi di galassie e innumerevoli trilioni di pianeti nell’Universo, come ci suggerisce l’osservazione, la vita intelligente si sia sviluppata solo su uno di essi? La risposta parrebbe scontata, tuttavia i sostenitori del principio di Fermi obiettano che se la vita si è sviluppata su un solo pianeta tra trilioni di pianeti, gli abitanti di quell’unico, fortunato pianeta sarebbero portati a pensare, in maniera naturale e quasi automatica, di non essere l’unica forma di vita intelligente dell’intero cosmo. Il che fa pensare ad un gatto che si mangia la coda.
La questione ricadrebbe nel filosofico e diventerebbe quindi impossibile tentare di risolverla in termini matematici o scientifici senza osservazioni dirette.
Fermi ha posto una questione che non si può aggirare : per quanto la nostra (anche la mia) voglia di trovare altre specie evolute nello spazio con cui interagire sia fortissima, resta da spiegare il perché nessuno abbia lasciato tracce radio di nessun genere. Resta da spiegare anche il perché su un pianeta come MARTE, che ha condizioni molto simili alla Terra, non si trovi alcun tipo di vita, nemmeno protocellulare.
Del resto, il magistrale saggio di Jacques Monod ammoniva a riconsiderare lo stesso concetto di “vita” che secondo lui è irripetibile come è irripetibile “lo stesso identico sasso che tengo nella mia mano”.
Nessun dogmatismo in materia, com’è ovvio. La scoperta di qualunque forma di vita spazzerebbe via ogni “paradosso”, fermiano e no.
Ma non ci resta che cercare instancabilmente, sospettando che la ricerca sia vana per sempre……………………..