La recente scoperta sulle onde gravitazionali risultanti dal Big Bang ha rafforzato la teoria dell’inflazione cosmica secondo la quale nei primissimi attimi subito dopo il Big Bang l’universo si sarebbe espanso a livello esponenziale e ad una velocità probabilmente superiore anche a quella della luce. Diverse sono le teorie che tentano di capire cosa possa aver provocato questa espansione. In ogni caso, l’idea di inflazione cosmica era già stata avanzata da diversi decenni.

Uno dei padri riconosciuti di tale teoria è Alan Guth, che oggi lavora al Massachusetts Institute of Technology. Guth presentò le equazioni matematiche di una inflazione cosmica già nel 1980. I suoi calcoli furono poi leggermente modificati e corretti da Andrei Linde, della Stanford University in California. Durante gli anni 80, questa serie di calcoli portò al concetto secondo cui l’universo non sarebbe nato da una singola palla di fuoco ma tramite espansioni di tipo caotico che costituirebbero un immenso frattale il quale s’ingrandisce in continuazione e che sarebbe costituito da diverse bolle che rappresenterebbero universi multipli.

In ogni caso Guth non è stato il primo al mondo presentare tale idea. Nel 1979 lo scienziato russo Alexei Starobinsky, quando si trovava all’Istituto Landau di Fisica Teorica a Mosca, pubblicò in maniera indipendente una sua teoria dell’inflazione sul giornale scientifico sovietico, tradotto in inglese, JETP Letters. Il suo lavoro, tuttavia, non ebbe un grande impatto nel mondo scientifico. Le teorie di Starobinsky furono riprese da Viatcheslav F. Mukhanov, ora presso l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera.

Gli approcci di entrambe le teorie sono comunque sostanzialmente gli stessi: mentre Starobinsky tentava di collegare la teoria della relatività di Einstein con le proprietà fisiche presenti nel momento stesso del Big Bang, Guth aveva lavorato alla fisica delle particelle presenti poco dopo la singolarità iniziale.
Il lavoro di Guth è stato comunque per decenni un mero esercizio matematico fino a quella che sembra una forte conferma delle sue teorie avvenuta con l’esperimento BICEP2. Se questi stessi dati venissero confermati, potrebbe cominciare un nuovo studio sulla struttura stessa del momento inflazionario.

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