La NASA sta sviluppando sistemi per far atterrare sulla superficie di Marte oggetti ancora più grandi dell’ultimo rover che è atterrato due anni fa sul pianeta rosso, ossia Curiosity.
Una delle fasi più delicate dell’invio di rover su pianeti alieni o su asteroidi è rappresentata proprio dall’atterraggio, una delle fasi più rischiose in quanto potrebbe facilmente, con un piccolo sbaglio nei comandi impartiti dalla Terra o nel software integrato nel modulo di atterraggio, mandare in fumo anni e anni di lavoro e miliardi di dollari di sovvenzionamenti. Inoltre, attualmente la NASA ha in programma diverse missioni le quali prevedono il trasporto di macchinari di dimensioni notevoli e di molto più materiale di quanto sia stato inviato su un pianeta come Marte fino ad ora. Ad esempio, per una missione umana su Marte potrebbe essere necessario inviare diversi moduli le cui strutture, anche smontate, rappresenterebbero un problema in fase di atterraggio.
Il problema maggiore riguardante l’atterraggio di macchinari su Marte riguarda la sua atmosfera che si rivela essere troppo sottile (è densa circa l’1% di quella terrestre). In un contesto del genere, si può fare affidamento quasi esclusivamente solo sui razzi del modulo di atterraggio. Il progetto in questione prevede l’utilizzo di un gigantesco paracadute supersonico, largo più di 30 metri e composto di un materiale molto leggero ma altrettanto resistente, coordinato nella discesa da due dispositivi a forma di dischi volanti gonfiabili denominati Supersonic Inflatable Aerodynamic Decelerators (SIADs), uno grande 6 metri e l’altro 8.
Il sistema potrebbe permettere l’invio su Marte di macchinari e attrezzature anche molto grandi e pesanti e in un unico pezzo. Materiali, cioè, che potrebbero anche non avere bisogno di un eventuale montaggio sulla superficie, una fase che richiederebbe, per forza di cose, anche la presenza in loco gli esseri umani.
Secondo Ian Clark, ricercatore presso il Jet Propulsion Laboratory e uno degli attori del progetto Low-Density Supersonic Decelerator (LDSD), attualmente sono in programma diversi progetti che, uniti insieme, potrebbero permettere di trasportare su Marte macchinari ben più grandi di Curiosity, che ha una dimensione paragonabile a quella di un buggy, e che, in un futuro più remoto, potrebbero permettere l’invio di macchinari, moduli e attrezzature varie per un eventuale approdo umano sul pianeta.
Il processo di atterraggio di Curiosity ha previsto diverse fasi, una più completa dell’altra. Inizialmente il modulo con all’interno il rover è stato proiettato dalla forza di gravità del pianeta ad una velocità di circa 21.000 chilometri all’ora verso la superficie incontrando un attrito atmosferico relativamente basso.
Dopo il primo utilizzo di un razzo molto potente che ne ha rallentato la discesa assestandola circa 1.400 chilometri all’ora, il modulo ha aperto un paracadute largo più di 15 metri. Tuttavia, poco prima del contatto con la superficie marziana, è entrata in azione una gru meccanizzata che ha reso il contatto quanto più soffice e “indolore” possibile. Prima del contatto stesso, tuttavia, la gru è dovuta volare via per evitare eventuali danni al rover qualora fossero atterrati insieme.
Il metodo con cui è atterrato Curiosity ha avuto tanto successo che verrà probabilmente riutilizzato in un futuro per ulteriori rover. Tuttavia resta il problema dell’atterraggio di materiali e di macchinari molto più pesanti.
Attualmente, il progetto prevede l’invio fino a 15 tonnellate di materiale sulla superficie ma in ogni caso, dopo il rallentamento causato dal paracadute supersonico, il contatto del materiale preposto per l’atterraggio dovrebbe comunque ancora vedere l’utilizzo di qualche sorta di gru meccanica.
La tecnologia potrebbe essere utilizzata già nel prossimo decennio, forse già nel 2020, anno per il quale la NASA ha previsto l’arrivo su Marte di un rover, simile a Curiosity, destinato cercare segni di vita passata sul pianeta rosso.
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