I cactus, una specie di piante da sempre trascurata nel campo della biotecnologia, potrebbero essere la chiave per fornire bioenergia sostenibile per il futuro. Oggi la maggior parte dei biocarburanti viene estratta da colture alimentari come la canna da zucchero o il mais. Queste colture sono ovviamente molto costosi da riprodurre in quanto devono disporre di larghe distese di terreni agricoli e ciò tende a limitare le scorte alimentari che potrebbero invece sfamare molte altre zone del mondo.
Tuttavia è stato scoperto che le piante che si servono di una particolare fotosintesi, portata avanti attraverso il sistema della fotosintesi CAM (Crassulacean Acid Metabolism), potrebbero rappresentare una valida alternativa. Nel corso della notte, infatti, queste tipologie di piante attraggono una maggiore quantità di anidride carbonica che si aggiunge al fosfoenolpiruvato. Questo processo porta alla formazione di ossaloacetatoe e quindi, attraverso un’altra reazione, di acido malico. Nel corso della fase diurna, poi, quando dovrà essere prodotta l’anidride carbonica, attraverso un’ulteriore processo viene estratto il piruvato.
Piante del genere sono adatte a crescere su terreni estremi, molto aridi, dove le precipitazioni costituiscono un lusso o una rarità. E ciò rappresenterebbe, già di per sé, un enorme vantaggio.
Si prevede infatti che i terreni aridi o semi-aridi andranno a coprire dal 12 al 18% della superficie del mondo nei prossimi decenni e poter sfruttare questi tipi di piante per produrre biocarburante potrebbe rappresentare un passo fondamentale nello sviluppo di bioenergia autosostenibile.
Anche se questi processi sono già noti da tempo, è solo da pochi anni che piante grasse come i cactus vengono sfruttate per poter produrre biocarburanti. Questa nuova ricerca ha analizzato in particolare i generi Opuntia ficus-indica (fico d’India) e Euphorbia tirucallli. Le analisi hanno dimostrato che essi potrebbero dare un contributo non indifferente alla produzione di biogas sostenibile.
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