La Gordon e Betty Moore Foundation ha assegnato una concessione di 13 milioni di dollari alla Stanford University al fine di poter sviluppare un acceleratore di particelle impiantato sopra un chip. L’acceleratore dovrebbe avere le dimensioni totali simili a quelle di una scatola per le scarpe dovesse dovrebbe essere completato nei prossimi cinque anni. Un obiettivo clamoroso se si pensa alle dimensioni degli attuali acceleratori di particelle (l’LHC, quello più famoso in Svizzera, copre un’area di diverse decine di kilometri quadrati).
Al progetto parteciperanno anche alcuni fisici dell’Università di Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga.

Il progetto potrebbe dunque accelerare la venuta di quelli che vengono come definiti come acceleratori di particelle da banco o da laboratorio, ossia acceleratori molto compatti che potrebbero vantare un nugolo di applicazioni pratiche, tra cui quelle nel campo della medicina e nel campo della tecnologia relativa agli scanner, sia medici che relativi alla sicurezza.
Il progetto è quello di fare per degli acceleratori di particelle ciò che l’industria dei microchip ha fatto per i computer, ossia miniaturizzare e abbassare sempre di più i costi dei principali componenti.

Un tempo i computer riempivano intere sale di istituzioni universitarie mentre oggi possono essere più piccoli di uno smartphone ed è proprio questo l’obiettivo di questa nuova ricerca, la miniaturizzazione di uno strumento alquanto complesso come un acceleratore di particelle. Realizzarne uno da tavolo significherebbe permettere a migliaia di scienziati, che non possono recarsi ed operare presso un vero acceleratore di particelle, di poter testare strumenti del genere nel proprio laboratorio.
Il nuovo acceleratore sarebbe basato sulla tecnologia laser operante nel vuoto. Il laser riuscirebbe ad accelerare gli elettroni attraverso un circuito integrato, più piccolo di un chicco di riso, strutturato sopra una piastra di silice.

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